mercoledì 22 dicembre 2010

la fame.

sporcami.
imbrattami con i tuoi colori collosi.
così accesi e invadenti.
ho voglia del tuo abbraccio. è la mia sola fede.
ho voglia del tuo odore buono. è l'unica aria che mi tiene in vita.
stringimi così forte da lasciarmi i segni sulla pelle.
toccami e lasciati toccare.
vivi con me e sporcami.
per 100 anni o per un solo giorno.
poi potrò andarmene senza rimpianto.

martedì 23 novembre 2010

pensieri egocentrici

open mind for a different view.
non riesco a discostarmi da questo modo che ho di vedere sentire ed esprimermi. 
la traccia che lascio con la biro sul foglio è una linea curva geometricamente perfetta: un semplice susseguirsi di punti. non una sbavatura d'inchiostro, mai uno scarabocchio involontario.
è tanto priva di personalità da sembrarmi completamente non mia, quando poi la scorro sotto gli occhi, curva dopo curva, angolo dopo angolo. mi rivedo, fuori da me, come un ricordo lontano della persona che forse sono. e mi confondo con una sconosciuta qualunque, così generica, così impersonale.

mi fa schifo l'idea di essere così. di non avere neanche l'esclusiva su me stessa.
generica. mi fa schifo. 
pensieri egocentrici.
mi vedo e non riesco a riconoscermi.
come sono fatta? come mi vede tutto il mio mondo?
c'è del macabro.
ed è proprio quando ho un minimo di consapevolezza, quando mi avvicino allo specchio e mi guardo dentro.. so con assoluta certezza che non vorrei essere così.
vorrei essere altro, ma non così come sono. che io in primis non sarei affascinata da quel riflesso che ho della coscienza di me.

devo iniziare a fotografare il lato sgradevole delle cose.
non a fotografare cose brutte. ma a cogliere il lato mostruoso di ciò che vedo.
l'obbiettivo è questo.
basta col rivelare ciò che è già certo. la bellezza.
devo scovare la bruttezza. e metterla in risalto. 
se sono capace di farlo su di me, guardandomi allo specchio, deve riuscire a farlo con tutto il resto.

lunedì 1 novembre 2010

cit.

Ti amo amore mio... 
e se per caso cercassi di convincerti del contrario...
ricordami di ricordare quanto ti amo davvero... 

venerdì 29 ottobre 2010

godo nel minacciare il sole con una pistola ad acqua.

non so cosa scriverò. è da un po' che non riesco concretizzare.
qualcosa torna a non funzionare e non so proprio scovare l'estremità di questa matassa aggrovigliata che ho in testa. saranno i miei riccioli. che ho riscoperto di avere oggi, che ho sciolto i capelli dopo non so quanti tagli corti.


non so che giorno è. è identico a ieri.
e c'è la solita stonatura. che percepisco ma non riesco a focalizzare.
rifletto. ore ed ore sempre sulle solite questioni.
su chi c'è e chi non più. nella mia vita.


è che forse per l'ennesima volta devo ripartire da ME.
senza nessuno. senza appigli. se non IO.


fino ad ora non ho fatto altro che costruire la mia vita sulle persone.
perché erano quelle che mi mancavano.


sono stanca. stanca di perdere sempre. e di essere abbandonata.
e stanca, la volta dopo, di chiedermi se ne vale la pena.
non voglio perdere più interesse di quello che già non ho più verso il mondo.


mi fermo qui col disinteresse, mi ha già fin troppo svuotata.


che mi sta crescendo dentro un timore: una paura fottuta di non sentire più nulla. di svegliarmi una mattina e non sentire più niente.


quindi ricomincio da ME. 
e chi c'è, resta. comprendendo che non fa LA DIFFERENZA, per me. 
IO faccio LA DIFFERENZA. 
se so che ci sono, QUESTO fa la differenza.
è inutile crescere con qualcuno se poi, quando quel qualcuno non c'è più, io rimango persa.


io ti amo. amo solo te. 
mi ci è voluto un po', ma l'ho capito.
questo amore mi fa muovere.
non sei più tu che mi prendi per mano. 
CI prendiamo per mano.
CI guidiamo insieme.
basta essere satellite. voglio essere sole.
per me. per non soffrire. per crescere, e percorrere una strada, e non smarrirmi se rimango sola.
questo devo fare del mio amore.
non posso più permettermi di usarlo solo per riempire un vuoto.
devo arredarci la mia anima. devo guadagnare forza. 
e diventare invincibile, per poi insegnarti come si fa.

giovedì 12 agosto 2010

curry.

Per pranzo (un po' tardi) ho cucinato una crema di asparagi. e siccome l'ho riempita di curry, allora ho pensato a te.

mi ero ripromessa di non scriverti, dopo quel messaggio che mi hai mandato, in cui dicevi che saresti sparito per qualche mese e che non volevi sentire nessuno (e scusa le mie manie di protagonismo, nella tua vita. ma nel nessuno mi ci son sentita compresa, fino allo standard di uguaglianza. che sono 2, le teorie: o che tutti son speciali per te, e quindi pur'io; o che son tutti uguali per te, e quindi pur'io. o siamo tutti ugualmente speciali).

a me sembra una cosa. che tu scappi.
fuggi quando le cose ti si mettono male.
il problema è che... che tu fuggi da te stesso. 
come se il tuo te stesso fosse legato ad un posto, ed andartene significasse abbandonarlo e abbandonarti. (e questo lo so, perché lo faccio anche io).
mappoi tu lo sai? che il tuo te stesso te lo porti appresso. sempre?
cistapocodafa'.
è quella cosa che ti rende quello che sei, il tuo te stesso. e tu vuoi fuggirlo.
finché non capirai che tu sei così, finché non accetterai il tuo egocentrismo ed egoismo, non capirai le situazioni in cui ti ritrovi, puntualmente, ogni volta. 
non capirai le incomprensioni che hai con le persone che non accettano o non conoscono come sei tu+il tuo te stesso. 
e ti starà stretto ogni ambiente, ogni situazione, ogni persona, perché in fondo ti stai stretto tu. 
ti stai stretto perché non puoi giustificarti.
perché sei convinto che nessuno ti capisce. ed è vero.
ritorni bambino, e dentro dentro, ti vergogni un po'. 
ma fuori, da bravo egocentrico ed egoista quale sei, non lo dimostri, perché sei orgoglioso.

allora.
io non te lo dico per rimprovero, ma per esserti d'aiuto. 
perché sono una di quelle poche persone che ti conosce e ti accetta così.
perché egoista lo sei. èvvero. 
ma in fondo tutti lo siamo. e va bene così.
epperò sei anche sensibile in una maniera tale che l'egoismo che hai non è altro che l'ultima chance del tuo cuore per non farsi male.

quindi.. conclusione.
nulla.
era una cosa che mi è venuta in mente pensando al curry.
diventi piccante quando uno abusa di te.
ma hai un gusto unico.

lunedì 9 agosto 2010

T.R.O.N.P.#12: effetto PLACEBO.


quelle immagini.
quelle parole.
quelle linee. 
i tratti.
le ombre.
gli estremi del ricordo.
i punti di riferimento.
la dissonanza dei suoni in testa.
il fischio nelle orecchie mentre le auto sfrecciano sull'autostrada.
tutto e niente. dentro ai miei occhi e oltre. nella testa.
le tue foto.
quella canzone.
il ricordo delle tue dita.
e dei posti che hanno sfiorato.
gli sguardi che non puoi darmi.
le tue facce da stupido.
quando ti incazzi. e quando ridi. quando mi abbracci. il pensiero di.


ogni cosa. persino la tua assenza.


tutto è un effetto placebo.
per l'amore.

domenica 8 agosto 2010

T.R.O.N.P.#11: il supplente


la mattina ti rallegri, perché pare che vada tutto bene e poi, rientri la sera e ti accorgi che qualcuno s'è mangiato un pezzo di luna
le ha dato un morso è s'è portato via la parte migliore. 
ed ecco che sei di nuovo lì, 
a s-ragionare sulla possibilità che la luna sia in fondo una forma di formaggio: saporita, per carità, ma puzzolente. 

e di quella cosa eterea e sublime, di cui credevi essere il solo ad averne colto la magia, non rimane che un'immagine frantumata, un'illusione che svanisce malinconicamente nel nulla del romanticismo.
è l'incanto di avere per te, nel taschino nascosto della giacca, un mistero fantastico, un segreto diamante che lasci lì: sai che c'è, che è tuo e non vai a controllare per paura di sciuparlo: lo alimenti con l'immaginazione infantile e lo rendi tesoro di inestimabile valore. 
e poi.. 
cresci un po', lo sbirci nel buio della fessura di stoffa, lo afferri per godere finalmente ad occhi spalancati e consapevoli della sua maturazione nel tempo e.. ti ritrovi sul palmo della mano nient'altro che un banale pezzo di vetro.


la mattina ti rallegri, perché pare che vada tutto bene e poi, rientri la sera e ti accorgi che non sei tu a godere di quel feeling, a poter vantare il favoloso scambio di vita che tanto ti sei convinto di avere nel tuo cervello, peccatore di superbia, e nel tuo cuore, povero illuso. che ci sono cose che, nonostante il ruolo che possiedi, non ti è concesso capire, sapere, condividere.


e l'esclusione dai fatti, dalle parole, segreti e segrete, è l'esclusione da tutto il resto.


amara consapevolezza. 
che non c'è niente di speciale.

- il peccato fu creder speciale una storia normale -

e ritrovarsi a ragionare su come e fin quanto possa essere giusto e regolare non avere un segreto da spartire; o meglio. da custodire in due, da condividere segretamente, ecco. 
un fatto, un ragionamento assurdo, una debolezza, un'esuberanza, un sorriso beffardo.
perché c'è chi ha già questo privilegio. 
perché c'è chi, dall'altra parte - dell'altra parte, sa tutto.  
perché c'è chi, dall'altra parte, CONcondivide tutto - con quello dall'altra parte della sua parte.
mentre tu, dalla tua di parte, stai ancora ragionando sulla questione se sei tu, l'altra parte di quella parte. e ti sale l'amaro, perché un po' per culo ti ci senti preso.
e stai ancora perdendoci del tempo prezioso. 
a pensare se il non essere l'altra parte dall'altra parte - dell'altra parte - possa essere un atteggiamento consapevole o meno. 
la qual cosa, il consapevole o meno, riflettendoci, ti ferisce comunque ed allo stesso modo.
(e non mi va di spiegarvi il perché o il percome ferisca. so che potete facilmente arrivarci.)


e ti senti l'intralcio. il pedone precario sulla traiettoria bianca di una regina territoriale e affamata.


- non c'è niente di più importante nella vita che ammettere che forse una cosa è davvero 
o bianca o nera -

e ti si palesa, questa aspra verità, nelle piccole cose. nelle parole che non comprendi perché hanno un linguaggio criptato, personale, di due persone che si includono, escludendo tutto il resto.

non è una bella sensazione; in generale, dico.
chiunque creda di poter vantare un rapporto di affetto particolare rimarrebbe disarmato di fronte alla rivelazione che non siamo noi quelli con cui viene condivisa la vita, o quel che è.

- quelli come noi si chiamano "supplenti" -

è così. c'è poco da fare. 
e non è solo una questione di 'precariato situazionale'; 
è una questione di un ruolo. che ipocritamente ci fanno credere di rivestire ma che nei fatti non abbiamo. 
un ruolo che hanno altri. persone con nomi ben precisi.
noi supplenti ci limitiamo a vestire i panni di qualcun altro, per un breve tempo indeterminato. siamo quelli che ci mettono la faccia mentre tutti sanno che siamo provvisori, mentre tutti pensano: "poveraccio quello. e nemmeno se ne rende conto. mi domando quanto durerà, stavolta". 
e mentre gli altri pensano che noi non lo sappiamo, guarda un po', noi lo sappiamo; 
ce ne rendiamo maledettamente conto. ed è orrendamente frustrante, anche questo.
sappiamo di essere una sottospecie di burattini senza fili, ma che restano comunque tali. 
dei fantocci.
straziante no?


e ti sembra di non aver fatto altro per tutta la vita che rincorrere le persone sbagliate e lasciare indietro quelle giuste, per poi rimanere sbigottiti al primo cenno di tradimento(che.ti.aspettavi)/verità(che.hai.sempre.saputo), maledicendo il detto: lastoriacinsegnache.

ripeto:
- non c'è niente di più importante nella vita che ammettere che forse una cosa è davvero o bianca o nera - 


e allora. ammettiamolo.

sabato 31 luglio 2010

GIOCARE A CARTE SCOPERTE.

mi rassegno. alla furbizia evidente della gente.
mi rassegno. a quella furbizia (della gente) che invece mi coglie di sorpresa, che mi fa pensare "hai capito?... cacchio.. mica c'ero arrivata!".
mi ci rassegno; con un sorriso grande così. e col sospiro di sollievo che deriva da quel mio pensiero di prima.. "cacchio.. mica c'ero arrivata!". perché significa che son diversa, almeno un po'. 
mi rassegno. al fatto che sono una vera e propria FESSA. TONTA. LELLA. 
mi rassegno. a come l'affetto che provo per qualcuno mi condiziona o mi influenza o mi corrompe.
mi ci rassegno. perché tutto questo significa che sono diversa. almeno un po'. 
che il mio essere stupida o fessa, che la mia fiducia o la buonafede non son figlie della cattiveria.
che la mia diversità consiste proprio nell'essere fessa ma non cattiva.
a rate ci arrivo pure io. 
ma non ho talento per queste cose. non ho una dote innata. capire cosa pensa e come agisce una persona maligna non deriva da un "esser fatta della sua stessa pasta". 
è acquisito. è appreso.
quando si ha a che fare tutti i giorni con certe dinamiche corrotte, si impara il modus operandi e si è poi capaci di dedurre, lentamente.... 
e ci arrivo pure io. a rate. 
certo, riuscirei a ricostruire un puzzle perfetto e in modo veloce se solo avessi un pizzico di quel talento.. 
ma mi riescono bene solo i contorni e gli angoli: i pezzi centrali, quelli che mi sembrano tutti uguali, non li becco a colpo d'occhio; provo ad incastrarli a forza, prima di trovare il verso giusto. 
meglio così: mi basta l'abbiccì.


il gioco a carte scoperte automaticamente censura la furbizia.
con le carte sul tavolo non si può giocare l'asso nella manica.
e così, meglio tenersele in mano le carte, per qualcuno.
ritagliarsi un angolino, una nicchia dalla quale poter spiare senza esser visti garantisce le spalle coperte. e permette di giocare d'anticipo.
bloccare ogni contatto, eliminare ogni possibile scambio alla pari, a scanso d'equivoci; e guardare bene di assicurarsi il mezzo (penoso e vile), il ponte per spiare quando ne si ha voglia i cazzi di quella persona, ovviamente sempre a scanso d'equivoci, sia chiaro. questa è la soluzione. 
fica e furba, tra l'altro. 
far finta di non esserci e poi esserci è da prestigiatori.
ma il trucco, se aguzzo la vista, c'è. e ce l'ho proprio davanti agli occhi. grande come uno schermo da 14 pollici.
controllo chi mi controlla. ed è assiduo frequentatore.


perché è quel vizietto di farsi i cazzi degli altri il punto debole.
e lì casca l'asino.


quindi abbiamo capito.
ci conosciamo e quasi ogni giorno (e fidati che non sto peccando di presunzione) ti fai i cazzi miei.
da sempre in fondo ti fai i cazzi miei. e su google anche i cazzi di tutti quelli, digitati tra "virgolette", che mi girano intorno (che mi stupisco ancora di come diamine sei abile a carpire e/o ricordare nomi e cognomi, per le tue vigliacche ricerche).


che poi.. a tutti piace farsi i cazzi degli altri. 
ma tu c'hai proprio un bisogno viscerale. 
e vai a capire perché.
e non è solo per ripicca, o divertimento. è sempre. SEMPRE e SENZA MOTIVO APPARENTE.
e vai a capire perché ti crogioli nelle défaillances degli altri, in quelle debolezze o in quei caratteri verso cui tu sei pronto a puntare il dito. vai a capire perché ti solleva l'autostima. 
vall'à capi'! 
e così ti fai i cazzi miei. e io FESSA te lo permetto. :) 
potrei chiederti di esser sincero, che magari sarebbe carino almeno dirmelo che ti fai ancora i cazzi miei.
a scanso d'equivoci, s'intende.
ma non serve: lo so già. non è un'ipotesi. la mia è una certezza.
di equivoci ce ne son ben pochi.
e risparmiati la coda di paglia. 
e vigliaccate varie.

venerdì 30 luglio 2010

T.R.O.N.P.#10: A.A.A spontaneità cercasi.

niente passi falsi.
una parola può compromettere ogni possibile rapporto.
la fiducia non verrà mai riconquistata completamente
e la prima impressione non è per niente facilmente influenzabile.
è quel punto buio, quella macchia di rumore che stona col resto.
che non ti convince fino in fondo.
e che rimane fino alla fine per ricordarti che lei all'inizio c'era.
e che te l'aveva detto.

possibile che la mente sia così corrotta da dover pensare sempre che chi abbiamo di fronte può avere un piano di riserva per mettercelo nel culo?

venerdì 9 luglio 2010

CROMATICA

dove il rosso e il blu si accarezzavano tutto viola per magia
quando il giallo e il blu si intrappolarono divenne tutto verde fino all'orizzonte
giallo e rosso senza ipocrisia decisero di entrare l'uno dentro l'altro perché arancione dentro la voglia cresceva
quando si trovarono di fronte il verde e il viola riconobbero una sfumatura blu
bianche nuvole di notte esplosero nel vento che ne fece un grande cielo azzurro
la luce prese il fiato da un respiro rosa e poi lo regalò a quegli amanti che si nascondevano in un cuore nero
la luce il cielo scoperchiò e accese tutto per vedere se ci sia sempre bisogno di un perché per far l'amore
e quando la cercarono la luce fece un grande salto e fuggì via
rosso e giallo andarono e al loro posto c'era solo un fuoco spento
dove era verde ora solo erba finta che viola l'equilibrio dell'incanto
il blu annegò in mare tutto bianco

domenica 27 giugno 2010

l'arte di farsi del male

BUM. crash.
come si fa? a vivere.
[perchénemmenoiosochefarmenediquestavita,poi.]

martedì 22 giugno 2010

fatt'abbracciare

sii il cambiamento che vuoi vivere, fai cose nuove per avere cose nuove in cambio. 
e sorriditi.

domenica 20 giugno 2010

lunedì 7 giugno 2010

T.R.O.N.P #9: indifesa.

-dammi un bacio, Ma'-

Si deve concentrare.
fa fatica a raccogliere tutti i pezzi.

[perché si deve far strappare ancora una volta l'anima?]

priva di concentrazione. senza possibili interpretazioni. per focalizzare quegli attimi, quegli atteggiamenti.
spazio bianco. 
vuoto allo stomaco, gola secca e cofusione.
quella che le rimbomba in testa. frutto dei suoi pensieri rumorosi.

durante tutto un anno era convinta di aver fatto del male a qualcuno, sussurrandogli il suo NONamore. pensava di aver compromesso irrimediabilmente le cose. la vita. come una parca, di aver tagliato quel filo invisibile che teneva in equilibrio il futuro e tutto il resto. e per scontare tutto il male che sentiva di aver procurato era disposta a prendersi tutto. tutto. ogni offesa. ogni malelingua. ogni colpa.

e poi, una sera si ritrova davanti la fotocopia di quell'uomo che credeva annientato.
Sì. la fotocopia. colui che pensava di conoscere, che era un po' tutto per lei e dal quale ha fatto fatica a staccarsi. 
la fotocopia, perché nell'aspetto è rimasto uguale. ma il valore è nettamente inferiore.
se prima era innocente e adorabile, adesso è responsabile e viscido.

- eddai! voglio un bacio. -
- cosa ci guadagni? -
- lo voglio. -


così, all'improvviso. 
e si ritrova a pensare che è colpa sua se è diventato la fotocopia di se stesso. 
che oltre a ferirlo, l'ha anche reso una persona peggiore. 
ma pensa te.


le viene il vomito ora che riesce a mettere a fuoco tutto il resto.
non vuole parlarne, perché le fa schifo. e si fa schifo.
immischiata passivamente in tutto quello. 
sporca. 
e squallida.
comunque.

e con la lenta e inesorabile percezione del disgusto, imprigionata dietro al finestrino di una macchina, guardava il cielo. le stelle. e non riusciva a pensare ad altro, se non alla sensazione della violenza subìta. alla vergogna che quella sensazione si porta dietro. alla presa di coscienza ennesima di essere oggetto di autocompiacimento, oggetto di autostima.

di non aver mai contato qualcosa di più dell'essere carne. e basta. 

perché ad una persona che ami, non fai questo, no?

forse non ci ha mai capito nulla. di come si ama.
forse è egoismo puro, l'amore. 
forse è succhiare la vita.

- eddai, un bacio. te lo sta dando una persona che ti vuole bene.-

pugnalala, allora. tanto se lo fa una persona che ti vuole bene, in quel caso, è legittimo.
come un marito che picchia la moglie.
o un padre che violenta la figlia.


stuprata nell'anima. e lasciata lì. senza cognizione del gesto. senza rispetto.
come se ogni richiesta di lui gli fosse dovuta. e fosse legittimata da quello che erano prima. quando STARE INSIEME significava per lei rinunciare.

in fondo avrebbe dovuto imparare a gestirla. niente compromessi, solo rinunce.

e questa è stata l'ennesima richiesta: "rinuncia a un po' di onore. rinuncia a un pezzo di quello che a stento stai cercando di rimettere insieme. rinuncia alla pelle intatta. tagliati.
te lo chiede una persona che ti vuole bene.
glielo chiede qualcuno che non sa neanche ciò di cui sta parlando.
che non pensa alle conseguenze.
che non soffre, evidentemente.
glielo chiede qualcuno che poi, senza attendere, senza rispetto, se lo prende e basta.
e compiaciuto la lascia lì. 
qualcuno che senza orgoglio le porta via con la forza qualcosa che non gli appartene più. in modo bieco e vile. le porta via un pezzo sapendo che non ha difese.
il vecchio difetto del sentirsi indifesa.


- voglio un bacio, e me lo prendo. Tanto a te che ti costa? -


mi costa. pago pegno con un pezzo di me.
con un colore, mettiamola così.

sono queste le cose che ti rendono trasparente.



tutto ciò da cui stavi fuggendo torna come valanga più grande che ti trascina al punto di partenza se vestirai vecchi difetti.


giovedì 3 giugno 2010

T.R.O.N.P #8: love/hate

mi piacciono i film. eppoi li odio.
mi rapiscono in un frammento di presente che non esiste.
in un amore che nella realtà non segue quelle regole; in quel coraggio sfrontato che nella vita è pavido, invece. nell'orgoglio che poi sfuma appena distogli l'attenzione dai fotogrammi.
[this....... is........ SPARTAAAAA!]

mi incazzo. poi. perché mi lascio coinvolgere da quelle emozioni sintetiche, da quella successione di fatti di plastica. e ingannata mi faccio scappare pure la lacrima, immedesimandomi. mettendoci le mie emozioni, in quei falsi fotogrammi.
perché poi, l'intensità delle mie emozioni si regola automaticamente e in base a quei filtri.
trasponendo sulla vita. che non è un 'The Notebook', un 'Romeo+Juliet' o un 'Viola di Mare'.

mi incazzo. per questo fottuto filtro che mi si è impiantato nel cervello e che fa contatto con lo stomaco, con l'occhio e con tutto il resto.

mi piace scattare foto. eppoi le odio.
perché dentro ci metto qualcosa di mio, per lo più sconosciuto a chi le guarda.
ma che mi si palesa ogni volta che me ne ritrovo una davanti.
perché mi disgusta il fatto che sia così personale.
mi ferisce.
e non posso farne a meno. e io non posso farci niente.
di farle, prima. e di farmi ferire, poi.

amo la musica. eppoi certe canzoni le odio.
perché le regalo.
e a volte sono regali sprecati. che chi li riceve non lo sa nemmeno quanto valgono. e a me invece, mi tagliano.
e così ci sono canzoni che non posso più ascoltare.
e il K545 di Mozart che non posso più suonare al piano.
poi certe altre che obbligatoriamente devo ascoltare, e che mi tagliano uguale.

mi piace scrivere. eppoi odio ogni parola che ho pensato.
che vado a rileggere con animo incosciente. e che mi spezza.
perché odio i miei pensieri. e il mio modo di ragionare.

basta così.

venerdì 28 maggio 2010

T.R.O.N.P #7bis










Gli erano entrate negli occhi, quelle immagini, come l'istantanea percezione di una felicità assoluta e incondizionata.
Se le sarebbe portate dietro per sempre.
Perchè è cosi' che ti frega, la vita. 
Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. 
E quella li' era la felicità. 
Lo scopri dopo, quand'è troppo tardi. 
E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. 

Alla deriva.

T.R.O.N.P. #7: familiarità.

in due giorni si prepara la valigia e, nonostante tutta l'ansia della partenza e il tempo che pare non trascorrere mai, si ritrova in una stazione della Metro di una città che, già dai primi passi, non le è estranea.
come funziona che in ogni posto in cui va non si sente straniera mai? 
saranno le cose che porta con sé, le persone che porta con sé, le persone che trova?
ma a lei sembra che ogni luogo sia una possibile casa.
è così che a Parigi ci ha lasciato un pezzo di cuore.
Sulla tomba di Amedeo. O in Rue Feutrier. In quell'atelier che suo non è. O su un sedile della metro4, che in mezza giornata ha imparato a memoria. Tra le stradine di Montmartre, in tutto quel caos di gente diversa.

E poi, tornare a casa (casa), diventa strano. 
Perché casa (casa) sa che non è.

Ha ragione Lorenzo.
LA MIA CASA DOV' E'?

lunedì 3 maggio 2010

T.R.O.N.P. #6: la densità di [me]

ci trovi tutto quello che ti serve qui sopra.
ci trovi tutto quello che ti serve qui dentro.
ci trovi tutto quello che ti serve tutt'intorno e addosso a me.


sulla pelle.
tra le gambe. 
nella testa.
in fondo al cuore.
ci trovi tutto quello che ti serve.


io mi vendo. a te. 
tu mi paghi. con te.
mi usi. per te.
ed io so che posto ho nel mondo. in te.
ridicolo [?]

potrebbe funzionare, regolato da leggi finanziare.
fanculo l'etica e la morale: facciamo un contratto.
in fondo tutto è un dannato compromesso. che ci perdiamo? 


io sono già sul bordo del burrone.
aspetto te.

venerdì 30 aprile 2010

T.R.O.N.P. #5: come guadagnarsi la verità

tutto andava a rallentatore nella sua testa. 
le immagini di quelle persone, ogni giorno, i suoi occhi le filtravano come in un'interminabile moviola. tutto riusciva a penetrare lentamente la sua mente, a creare collegamenti con i ricordi; tutto le dava il tempo esatto per percepirne chiaramente il significato. 
 un dejà-vu di comportamenti ritualizzati e con un unico filo conduttore. 

o forse è solo la sua mente che ormai coglie quello che, nella realtà, è normalità, traducendolo in qualcosa di studiato, e malvagio. 
ormai non c'è più nulla da fare. ha imparato come un animale il collegamento tra stimolo ed effetto. e la sua risposta è sempre lo schifo.

assurdo come nessun filtro imposto da una coscienza lucida e funzionante possa porre rimedio all'istinto. un arco riflesso: il fuoco brucia - il braccio si allontana rapidamente.

quando le cose passano il limite, non le recuperi più.
quando i rapporti sono corrotti, non c'è buonafede che tenga. non c'è ragione, onestà, sincerità che sia in grado di ripristinare lo stato originario delle cose. 
e la percezione si denatura. 
come quando cuoci un uovo al tegamino e si rompe il tuorlo. 
la frittata è fatta. non puoi più provare quel piacere di intingolare il pane nel rosso appena scottato. devi mangiarti il miscuglio e accontentarti. mandare giù la frittata, boccone dopo boccone, sperando che non ti nausei. 
l'uovo al tegamino è una cosa delicata da cucinare. devi far cuocere per bene tutto il bianco, perché il viscidume non piace a nessuno. tutto quel bianco di contorno.

e quando, in un comportamento d'insieme che cerca a tutti i costi di essere ipocrita e tenta di celare la verità, spunta un accenno di risata trattenuta a stento, ecco. è lì che si palesa nuovamente, come un coltello che si conficca nelle carni e, Dio, lo senti che fa male cazzo - e quel male vorresti non provarlo, perché è umiliante - è in quel preciso momento che tutto il disprezzo viene fuori. un disprezzo che prima non era associato alla tua figura, al pensiero di te. ma ora, per intervento di terzi, disprezzo indotto, è fortissimo. e rimpiazza in modo disarmante e definitivo tutto quello che c'era prima. tutto l'affetto.

non riesce proprio a capire. come tutto questo si sia innescato.
forse di nuovo una sua mancanza - sempre lei e gli esami di coscienza.
ma dannazione, è andata personalmente a chiarire, e più di una volta.
e in cambio si è sentita chiamare con un nome che non è il suo. 
epiteto di chissà quale difetto inventato.
come si può condividere tutto, si chiede.
arrivare a condividere ogni cosa. in cambio di disprezzo.
in cambio di false situazioni, di piccoli dispetti, frecciatine, sguardi sprezzanti.
voltastomaco.
tanto vale non fidarsi più di nessuno.


dice la ferita. parla la piaga.

venerdì 23 aprile 2010

T.R.O.N.P. #4: il pezzo di carta

rigirava quel pezzo di carta nelle mani, mentre rileggeva quella vecchia mail.
se lo rigirava distrattamente tra le dita.
lo piegava, lo arrotolava, lo riapriva, tentando distrattamente di stendere le pieghe che aveva fatto.
tentando di renderlo di nuovo liscio e immacolato. distrattamente.

attentamente leggeva la vecchia mail, cercando di non smarrire nemmeno una parola.
distrattamente si rigirava quel pezzo di carta tra le mani.
impercettibile metafora della vita: che si piega, si scarabocchia, si arrotola e si stropiccia, si accartoccia e poi cerca di ridistendersi, di tornare al bianco candore iniziale.
metafora impercettibile della vita. che si ricicla, a volte.
si bagna e aggrinzisce.
si brucia e diventa cenere e fumo, dall'odore acre.

e non ci si può far niente, alla vita.
ci son cose che la penetrano e ne modellano la materia e la consistenza.
ne mutano la densità e il peso specifico.
è un processo irreversibile; che può cambiarla ancora e ancora, finché resiste, ma non riesce a farla tornare com'era in origine.
un processo irreversibile.
di ferite di dolore e di ferite di gioia.
di traumi e di emozioni.
di quegli strappi su cui ci si può mettere una toppa, un po' di nastro adesivo.
o magari di strappi che poi ci si fa un collage di sensazioni, ricordi, buttato su un blog.
o su una parete piena di fotografie.
che son lì tutti a ricordare che dietro quelle parole, dentro quegli scatti, c'è qualcosa che non va dimenticato.
e che ha piegato e continua a piegare l'anima. l'accartoccia. la colora di blu.

rigirava distrattamente quel pezzo di carta nelle mani, mentre rileggeva quella vecchia mail.
impercettibile metafora di una vita distratta che si lascia piegare.
e che, consapevolmente, ne è felice.

mercoledì 14 aprile 2010

T.R.O.N.P. #3: egoismo

lo sente.
quel battito in più.
quel battito in più. del cuore.
nel silenzio dei cuscini il cuore le parla e tende i suoi tessuti nello sforzo di compiere un battito in più.
l'aiuta. laddove la sua mente non arriva.
laddove la sua mente salta le conclusioni e va oltre, sdoppiandosi, triplicandosi su diversi sentieri. forse tutti sbagliati.
il suo cuore l'aiuta. con quella possibilità. 
con quel battito in più. con una contrazione complessa ed eccentrica.
che le ricorda che quel sentimento c'è, e la rende migliore. dentro.
la rende egoista e migliore.
perché tutta la felicità che i suoi occhi vedono, che le sue orecchie odono, intorno.
beh tutta quella felicità, intorno, se la merita anche lei.
sì. più degli altri. 
sì. più di ogni altro.


e si chiede chi è, come fa a dire che se la merita, più di ogni altro..
è così. se la merita. 


e la conosce la felicità.
la conosce. anche se non sa di che materia è fatta.
ma potrebbe insegnarla.
vuole insegnarla. e impararla ancora e ancora.
e spezza, quella felicità.
solo il sognarla spacca il cuore.
in un battito eccentrico che le ricorda che c'è.
c'è. e la vuole. la merita. più di chiunque altro dannazione.


egoista.


e allora cos' è che non quadra?
cosa diavolo c'è che non va?
la paura.
perché l'amore è roba per gli impavidi.
e conoscere la felicità fino al punto di poterla insegnare implica il terrore di vederla svanire.
dannazione.


buttati. TU.
buttati. è libertà.
buttati. TU.
buttatevi INSIEME.
dannazione.

lunedì 22 marzo 2010

T.R.O.N.P.#2: believe bEliEvE BELIEVE [Thoughts Rearranged On Nonexistent Paper]

ogni giorno impatta contro la diversità. ci si schianta. 
contro quella diversità pirandelliana che le scaglia contro manciate di sfiducia come ad una sposa si lancia con poca delicatezza il riso. 
maschere, di maschere, su maschere, per maschere. 
ovunque. 
vicine, lontane. vicinissime. e più ci ripensa più l'ira sale.
distruggere. qualsiasi cosa. ma distruggere. 
urlare sbraitare.
è sempre lei. con la sua pelle trasparente, che non filtra il colore delle vene.
è sempre lei con quella schiettezza acidula. che sa di ferro in bocca.
è sempre lei, col suo silenzio rumoroso. casinista di sguardi e incapace di trattenersi nelle reazioni.
è sempre lei con la delusione fatta frastuono. il fischio nelle orecchie che non va via. l'irrespirabile aria umida della viltà umana. 
e allora vaffanculo, tra i denti.

lei e l'altra lei.
LEI/#LEI

aveva bisogno di una sana chiacchierata con te.
di ridere delle tue cazzate e delle proprie cose serie. si prende troppo sul serio senza di te. 
e tu sei quello che riesce a scrollarle di dosso i calcinacci del tedio di questo mondo che le crolla inesorabilmente addosso. 
aveva bisogno dei tuoi occhi e delle vostre sigarette.
di vedere il mondo nei toni del blu.
aveva bisogno del vostro esserci.
ed eri lì, a due rettilinei lunghi sterrati. eri lì, a mezzo litro di gasolio.
e non lo sapevate. poveri sciocchi amanti da 3 vite.

ed ora #LEI che esplode in LEI sempre più pericolosamente.
l'ira. e gli istinti primordiali. e il vaffanculo a denti stretti.

"non voglio morire senza cicatrici. Perciò picchiami, sennò perdo il coraggio."