giovedì 12 agosto 2010

curry.

Per pranzo (un po' tardi) ho cucinato una crema di asparagi. e siccome l'ho riempita di curry, allora ho pensato a te.

mi ero ripromessa di non scriverti, dopo quel messaggio che mi hai mandato, in cui dicevi che saresti sparito per qualche mese e che non volevi sentire nessuno (e scusa le mie manie di protagonismo, nella tua vita. ma nel nessuno mi ci son sentita compresa, fino allo standard di uguaglianza. che sono 2, le teorie: o che tutti son speciali per te, e quindi pur'io; o che son tutti uguali per te, e quindi pur'io. o siamo tutti ugualmente speciali).

a me sembra una cosa. che tu scappi.
fuggi quando le cose ti si mettono male.
il problema è che... che tu fuggi da te stesso. 
come se il tuo te stesso fosse legato ad un posto, ed andartene significasse abbandonarlo e abbandonarti. (e questo lo so, perché lo faccio anche io).
mappoi tu lo sai? che il tuo te stesso te lo porti appresso. sempre?
cistapocodafa'.
è quella cosa che ti rende quello che sei, il tuo te stesso. e tu vuoi fuggirlo.
finché non capirai che tu sei così, finché non accetterai il tuo egocentrismo ed egoismo, non capirai le situazioni in cui ti ritrovi, puntualmente, ogni volta. 
non capirai le incomprensioni che hai con le persone che non accettano o non conoscono come sei tu+il tuo te stesso. 
e ti starà stretto ogni ambiente, ogni situazione, ogni persona, perché in fondo ti stai stretto tu. 
ti stai stretto perché non puoi giustificarti.
perché sei convinto che nessuno ti capisce. ed è vero.
ritorni bambino, e dentro dentro, ti vergogni un po'. 
ma fuori, da bravo egocentrico ed egoista quale sei, non lo dimostri, perché sei orgoglioso.

allora.
io non te lo dico per rimprovero, ma per esserti d'aiuto. 
perché sono una di quelle poche persone che ti conosce e ti accetta così.
perché egoista lo sei. èvvero. 
ma in fondo tutti lo siamo. e va bene così.
epperò sei anche sensibile in una maniera tale che l'egoismo che hai non è altro che l'ultima chance del tuo cuore per non farsi male.

quindi.. conclusione.
nulla.
era una cosa che mi è venuta in mente pensando al curry.
diventi piccante quando uno abusa di te.
ma hai un gusto unico.

lunedì 9 agosto 2010

T.R.O.N.P.#12: effetto PLACEBO.


quelle immagini.
quelle parole.
quelle linee. 
i tratti.
le ombre.
gli estremi del ricordo.
i punti di riferimento.
la dissonanza dei suoni in testa.
il fischio nelle orecchie mentre le auto sfrecciano sull'autostrada.
tutto e niente. dentro ai miei occhi e oltre. nella testa.
le tue foto.
quella canzone.
il ricordo delle tue dita.
e dei posti che hanno sfiorato.
gli sguardi che non puoi darmi.
le tue facce da stupido.
quando ti incazzi. e quando ridi. quando mi abbracci. il pensiero di.


ogni cosa. persino la tua assenza.


tutto è un effetto placebo.
per l'amore.

domenica 8 agosto 2010

T.R.O.N.P.#11: il supplente


la mattina ti rallegri, perché pare che vada tutto bene e poi, rientri la sera e ti accorgi che qualcuno s'è mangiato un pezzo di luna
le ha dato un morso è s'è portato via la parte migliore. 
ed ecco che sei di nuovo lì, 
a s-ragionare sulla possibilità che la luna sia in fondo una forma di formaggio: saporita, per carità, ma puzzolente. 

e di quella cosa eterea e sublime, di cui credevi essere il solo ad averne colto la magia, non rimane che un'immagine frantumata, un'illusione che svanisce malinconicamente nel nulla del romanticismo.
è l'incanto di avere per te, nel taschino nascosto della giacca, un mistero fantastico, un segreto diamante che lasci lì: sai che c'è, che è tuo e non vai a controllare per paura di sciuparlo: lo alimenti con l'immaginazione infantile e lo rendi tesoro di inestimabile valore. 
e poi.. 
cresci un po', lo sbirci nel buio della fessura di stoffa, lo afferri per godere finalmente ad occhi spalancati e consapevoli della sua maturazione nel tempo e.. ti ritrovi sul palmo della mano nient'altro che un banale pezzo di vetro.


la mattina ti rallegri, perché pare che vada tutto bene e poi, rientri la sera e ti accorgi che non sei tu a godere di quel feeling, a poter vantare il favoloso scambio di vita che tanto ti sei convinto di avere nel tuo cervello, peccatore di superbia, e nel tuo cuore, povero illuso. che ci sono cose che, nonostante il ruolo che possiedi, non ti è concesso capire, sapere, condividere.


e l'esclusione dai fatti, dalle parole, segreti e segrete, è l'esclusione da tutto il resto.


amara consapevolezza. 
che non c'è niente di speciale.

- il peccato fu creder speciale una storia normale -

e ritrovarsi a ragionare su come e fin quanto possa essere giusto e regolare non avere un segreto da spartire; o meglio. da custodire in due, da condividere segretamente, ecco. 
un fatto, un ragionamento assurdo, una debolezza, un'esuberanza, un sorriso beffardo.
perché c'è chi ha già questo privilegio. 
perché c'è chi, dall'altra parte - dell'altra parte, sa tutto.  
perché c'è chi, dall'altra parte, CONcondivide tutto - con quello dall'altra parte della sua parte.
mentre tu, dalla tua di parte, stai ancora ragionando sulla questione se sei tu, l'altra parte di quella parte. e ti sale l'amaro, perché un po' per culo ti ci senti preso.
e stai ancora perdendoci del tempo prezioso. 
a pensare se il non essere l'altra parte dall'altra parte - dell'altra parte - possa essere un atteggiamento consapevole o meno. 
la qual cosa, il consapevole o meno, riflettendoci, ti ferisce comunque ed allo stesso modo.
(e non mi va di spiegarvi il perché o il percome ferisca. so che potete facilmente arrivarci.)


e ti senti l'intralcio. il pedone precario sulla traiettoria bianca di una regina territoriale e affamata.


- non c'è niente di più importante nella vita che ammettere che forse una cosa è davvero 
o bianca o nera -

e ti si palesa, questa aspra verità, nelle piccole cose. nelle parole che non comprendi perché hanno un linguaggio criptato, personale, di due persone che si includono, escludendo tutto il resto.

non è una bella sensazione; in generale, dico.
chiunque creda di poter vantare un rapporto di affetto particolare rimarrebbe disarmato di fronte alla rivelazione che non siamo noi quelli con cui viene condivisa la vita, o quel che è.

- quelli come noi si chiamano "supplenti" -

è così. c'è poco da fare. 
e non è solo una questione di 'precariato situazionale'; 
è una questione di un ruolo. che ipocritamente ci fanno credere di rivestire ma che nei fatti non abbiamo. 
un ruolo che hanno altri. persone con nomi ben precisi.
noi supplenti ci limitiamo a vestire i panni di qualcun altro, per un breve tempo indeterminato. siamo quelli che ci mettono la faccia mentre tutti sanno che siamo provvisori, mentre tutti pensano: "poveraccio quello. e nemmeno se ne rende conto. mi domando quanto durerà, stavolta". 
e mentre gli altri pensano che noi non lo sappiamo, guarda un po', noi lo sappiamo; 
ce ne rendiamo maledettamente conto. ed è orrendamente frustrante, anche questo.
sappiamo di essere una sottospecie di burattini senza fili, ma che restano comunque tali. 
dei fantocci.
straziante no?


e ti sembra di non aver fatto altro per tutta la vita che rincorrere le persone sbagliate e lasciare indietro quelle giuste, per poi rimanere sbigottiti al primo cenno di tradimento(che.ti.aspettavi)/verità(che.hai.sempre.saputo), maledicendo il detto: lastoriacinsegnache.

ripeto:
- non c'è niente di più importante nella vita che ammettere che forse una cosa è davvero o bianca o nera - 


e allora. ammettiamolo.