domenica 27 giugno 2010

l'arte di farsi del male

BUM. crash.
come si fa? a vivere.
[perchénemmenoiosochefarmenediquestavita,poi.]

martedì 22 giugno 2010

fatt'abbracciare

sii il cambiamento che vuoi vivere, fai cose nuove per avere cose nuove in cambio. 
e sorriditi.

domenica 20 giugno 2010

lunedì 7 giugno 2010

T.R.O.N.P #9: indifesa.

-dammi un bacio, Ma'-

Si deve concentrare.
fa fatica a raccogliere tutti i pezzi.

[perché si deve far strappare ancora una volta l'anima?]

priva di concentrazione. senza possibili interpretazioni. per focalizzare quegli attimi, quegli atteggiamenti.
spazio bianco. 
vuoto allo stomaco, gola secca e cofusione.
quella che le rimbomba in testa. frutto dei suoi pensieri rumorosi.

durante tutto un anno era convinta di aver fatto del male a qualcuno, sussurrandogli il suo NONamore. pensava di aver compromesso irrimediabilmente le cose. la vita. come una parca, di aver tagliato quel filo invisibile che teneva in equilibrio il futuro e tutto il resto. e per scontare tutto il male che sentiva di aver procurato era disposta a prendersi tutto. tutto. ogni offesa. ogni malelingua. ogni colpa.

e poi, una sera si ritrova davanti la fotocopia di quell'uomo che credeva annientato.
Sì. la fotocopia. colui che pensava di conoscere, che era un po' tutto per lei e dal quale ha fatto fatica a staccarsi. 
la fotocopia, perché nell'aspetto è rimasto uguale. ma il valore è nettamente inferiore.
se prima era innocente e adorabile, adesso è responsabile e viscido.

- eddai! voglio un bacio. -
- cosa ci guadagni? -
- lo voglio. -


così, all'improvviso. 
e si ritrova a pensare che è colpa sua se è diventato la fotocopia di se stesso. 
che oltre a ferirlo, l'ha anche reso una persona peggiore. 
ma pensa te.


le viene il vomito ora che riesce a mettere a fuoco tutto il resto.
non vuole parlarne, perché le fa schifo. e si fa schifo.
immischiata passivamente in tutto quello. 
sporca. 
e squallida.
comunque.

e con la lenta e inesorabile percezione del disgusto, imprigionata dietro al finestrino di una macchina, guardava il cielo. le stelle. e non riusciva a pensare ad altro, se non alla sensazione della violenza subìta. alla vergogna che quella sensazione si porta dietro. alla presa di coscienza ennesima di essere oggetto di autocompiacimento, oggetto di autostima.

di non aver mai contato qualcosa di più dell'essere carne. e basta. 

perché ad una persona che ami, non fai questo, no?

forse non ci ha mai capito nulla. di come si ama.
forse è egoismo puro, l'amore. 
forse è succhiare la vita.

- eddai, un bacio. te lo sta dando una persona che ti vuole bene.-

pugnalala, allora. tanto se lo fa una persona che ti vuole bene, in quel caso, è legittimo.
come un marito che picchia la moglie.
o un padre che violenta la figlia.


stuprata nell'anima. e lasciata lì. senza cognizione del gesto. senza rispetto.
come se ogni richiesta di lui gli fosse dovuta. e fosse legittimata da quello che erano prima. quando STARE INSIEME significava per lei rinunciare.

in fondo avrebbe dovuto imparare a gestirla. niente compromessi, solo rinunce.

e questa è stata l'ennesima richiesta: "rinuncia a un po' di onore. rinuncia a un pezzo di quello che a stento stai cercando di rimettere insieme. rinuncia alla pelle intatta. tagliati.
te lo chiede una persona che ti vuole bene.
glielo chiede qualcuno che non sa neanche ciò di cui sta parlando.
che non pensa alle conseguenze.
che non soffre, evidentemente.
glielo chiede qualcuno che poi, senza attendere, senza rispetto, se lo prende e basta.
e compiaciuto la lascia lì. 
qualcuno che senza orgoglio le porta via con la forza qualcosa che non gli appartene più. in modo bieco e vile. le porta via un pezzo sapendo che non ha difese.
il vecchio difetto del sentirsi indifesa.


- voglio un bacio, e me lo prendo. Tanto a te che ti costa? -


mi costa. pago pegno con un pezzo di me.
con un colore, mettiamola così.

sono queste le cose che ti rendono trasparente.



tutto ciò da cui stavi fuggendo torna come valanga più grande che ti trascina al punto di partenza se vestirai vecchi difetti.


giovedì 3 giugno 2010

T.R.O.N.P #8: love/hate

mi piacciono i film. eppoi li odio.
mi rapiscono in un frammento di presente che non esiste.
in un amore che nella realtà non segue quelle regole; in quel coraggio sfrontato che nella vita è pavido, invece. nell'orgoglio che poi sfuma appena distogli l'attenzione dai fotogrammi.
[this....... is........ SPARTAAAAA!]

mi incazzo. poi. perché mi lascio coinvolgere da quelle emozioni sintetiche, da quella successione di fatti di plastica. e ingannata mi faccio scappare pure la lacrima, immedesimandomi. mettendoci le mie emozioni, in quei falsi fotogrammi.
perché poi, l'intensità delle mie emozioni si regola automaticamente e in base a quei filtri.
trasponendo sulla vita. che non è un 'The Notebook', un 'Romeo+Juliet' o un 'Viola di Mare'.

mi incazzo. per questo fottuto filtro che mi si è impiantato nel cervello e che fa contatto con lo stomaco, con l'occhio e con tutto il resto.

mi piace scattare foto. eppoi le odio.
perché dentro ci metto qualcosa di mio, per lo più sconosciuto a chi le guarda.
ma che mi si palesa ogni volta che me ne ritrovo una davanti.
perché mi disgusta il fatto che sia così personale.
mi ferisce.
e non posso farne a meno. e io non posso farci niente.
di farle, prima. e di farmi ferire, poi.

amo la musica. eppoi certe canzoni le odio.
perché le regalo.
e a volte sono regali sprecati. che chi li riceve non lo sa nemmeno quanto valgono. e a me invece, mi tagliano.
e così ci sono canzoni che non posso più ascoltare.
e il K545 di Mozart che non posso più suonare al piano.
poi certe altre che obbligatoriamente devo ascoltare, e che mi tagliano uguale.

mi piace scrivere. eppoi odio ogni parola che ho pensato.
che vado a rileggere con animo incosciente. e che mi spezza.
perché odio i miei pensieri. e il mio modo di ragionare.

basta così.