domenica 5 ottobre 2008

La leggerezza dell' (in)esistenza

Orrendo da dire. Ma ultimamente mi capita di pensare che sono arrivata al capolinea. Che un paese di 5000 abitanti con un inverno lungo 9 mesi e il mercato al martedì segnano la fine della mia "recettività". Non riesco più ad avere input e output, niente stimoli. Io che ho (quasi sempre) fatto tanto con poche possibilità, io che ho sempre cavato il ragno dal buco anche quando nel buco c'era solo un sudicio sorcio. Ed ora l'idea di rimanere qui, di vedere sempre le stesse facce, di girare in quello stupido supermercato almeno due volte a settimana e di percorrere in macchina la curva della piazza ritualizzando sempre più la velocità.. di sentire la sirena del comune alle 8.00, alle 12.00 e alle 17.00 tutti i santi giorni, di ricevere una stupida proposta da un 22enne e qualche sguardaccio porco dai 36enni frustrati dalla loro via matrimoniale in questa provincia sfigata... di viverci per sempre e invecchiarci in questo cazzo di bel posto.. beh, permettetemelo, mi opprime.
Essì che poi in ogni posto in cui stai la routine la trovi sempre..
Ma io non ci starei sempre nello stesso posto. E non starei con la stessa persona così a lungo, e me ne fregherei se "in Trinacria c'è la mafia" e in Africa i morbi sconosciuti "che devi farti mille vaccini prima di partire..".
E mi ritrovo a fare nella pratica ciò che in teoria critico perché non sopporto.
Che bella merda.
La mia mente sta lentamente morendo ed io ancora non ho l'indipendenza per girare, fare, dire, organizzare, gestire la mia vita. Che sento sempre gestita da altri perché legata ad altri.
Che bello schifo.
Come una zanzara rimasta appiccicata ad una ragnatela cinicamente e sadicamente soffice.
Che intrappola e incolla.
Non sono mai stata certa delle mie capacità, ma l'intraprendenza l'ho sempre avuta. Eppure ecco, rimango immobile, sotto la campana di vetro che mi hanno piazzato addosso: una bella campanona, grande, spaziosa. Ma pur sempre una prigionia, con le pareti trasparenti su cui schiacciare il naso e guardare come il mondo dall'altra parte vive senza di me.
E intanto il vetro si appanna col mio fiato.
Anch'io allora ci scriverò col dito qualcosa.
Forse l'età in cui deciderò di morire o forse un 17.

1 commento:

Haemo Royd ha detto...

E se la campana fosse fatta di fumo anzichè di vetro?
Un bel soffio e vola via, progetta amica mia, hai la cosa più preziosa della terra....il tempo.
naturalmente il suicidio è una soluzione o meglio un'ipersoluzione, se non fossi stato certo in ogni momento della mia vita di potermi suicidare quando volevo lo avrei fatto da ragazzo.
cia' Haemo