domenica 22 marzo 2009

MAGIE DI SOGNI AD OCCHI APERTI [E La Magnolia Del Vicino Che Fiorisce Sotto La Neve Di Primavera].



Stanotte ho sognato.
ho sognato di stare a _C A S A M I A_ dove sono nata.
di trascorrere un po' di tempo con i miei amici e la mia famiglia.
come ho fatto nello scorso viaggio.
come farò nel prossimo.
(forse per questo l'ho sognato...)

Ho sognato che era notte.
ho sognato la chiave nella serratura ed io
che distrattamente la giravo per rientrare,
mentre, ridente e appassionata, abbracciavo e baciavo
il "mio piccolo sole personale",
inciampando insieme nel gradino della soglia.


E mentre sognavo.
Farfalle nello stomaco, la sua voce nella testa e il sapore del suo bacio sulla lingua.
Finalmente ero sporca di felicità.

Nel buio dell'ingresso riacquistavamo equilibrio.
Aggrappandoci.
l'uno all'altra.
Tenendoci.
E così,
da precari a finalmente stabili,
restavamo in silenzio nel buio.
Per tornare a ridere di nuovo, qualche istante dopo.

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Nel sogno, della mia casa percepivo tutta la solitudine di ventidue anni di abbandono: l'odore di chiuso, il silenzio per me opprimente dopo il rimbombo delle nostre voci, il buio dell'intonaco, ormai oscurato dalle ombre del disuso.

E mentre ci spostavamo,
attaccati come dovevamo stare,

dall'ingresso al salotto,
ecco che si accende la luce.

Tutto ha ripreso vita:
era come tirare via i veli di cellophane dai mobili della casa al mare e con loro scacciare in un gesto scaramantico l'immobilità dell'incuria.


E sotto il fascio luminoso che proiettava il lampadario: MIO PADRE.
Papà. Con un'espressione di rimprovero sul volto.
Rimprovero per l'ora tarda. Rimprovero per "lo sconosciuto" che avevo introdotto nella nostra casa. Rimprovero per la mia mancanza di rispetto verso il tetto familiare e le regole che dovevano essere seguite sotto quel tetto, finché lui esisteva...
Al posto di rimpicciolirmi e diventare minuscola,
il petto mi si tendeva in un respiro,
il più profondo che avessi mai preso.

Ma la felicità di vederlo lì, in carne ed ossa, ammetteva ogni biasimo e mi faceva accogliere con suprema gioia qualsiasi punizione mi sarebbe toccata scontare.
Le sue labbra con quel sorriso al contrario erano come me le ricordavo e le riconoscevo nella mia espressione, vista allo specchio. I suoi occhi verde-ambra schiusi al massimo per trasmettermi tutto il suo disappunto, invece, mi coccolavano in un abbraccio che da sempre sentivo mancarmi.
la sua barba di giornata. e i capelli arruffati di chi era stato a letto.
Bellissimo.
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Era un sogno ad occhi aperti.
Non stavo dormendo. Non era una creazione di quel tipo.
Era un volo d'immaginazione, di una frazione di minuto, durante il quale sui miei occhi è sceso un velo che mi ha lasciato fissare la realtà, immobile, trasportandomi in un'altra dimensione.

Inconscio più di un sogno. Subconscio forse.
E quando mi sono ripresa, come al solito, come una bambina capricciosa, ho alzato la testa dal cuscino e sono scoppiata in lacrime.
Non un pianto silente.
stavolta un pianto sonoro e singhiozzante.
Piangere Piangere Piangere.
è difficile mostrarsi così.

".. gemendo e piangendo in questa valle di lacrime..."
Che odio. Che tedio.
Eppure continuavo; e continuavo senza sosta, senza respiro.
Quasi con volontà di farlo. Quasi convinta che, se insistevo nel mio frignare, il nastro della mia esistenza si sarebbe riavvolto velocemente in un rewind di fotogrammi rapidi, e sarebbe ripartito ed altrettanto velocemente andato avanti fino al punto che avevo sognato poco prima, cancellando quella che era solo una bozza arrangiata della mia vita e riscrivendoci sopra la bella copia, la versione definitiva, con le dovute correzioni alla sceneggiatura ed il montaggio giusto...


... come se singhiozzare e mostrarmi disperata fosse la cosa da fare per ottenere la serenità racchiusa in quel sogno.
Quella che merito.
Quello di cui necessito.
Il mio bisogno di averlo, quell'uomo dal fisico atletico e imponente.
Di avere le sue braccia immense intorno alle mie spalle.

Di avere la sua mano che mi copre gli occhi per impedirmi di vedere ciò che mi fa male.
Il bisogno di avere un punto di riferimento.
Qualcuno che sappia dirmi per una volta NO.
Che mi dia delle regole.
Che mi impedisca di sbagliare.
O che mi faccia sbagliare ma che poi mi sostenga.
Che mi incoraggi.
Che mi consoli.

Che abbia ricordi di me, delle mie cose buffe;
dei miei ciucci e delle mie culle. dei miei primi passi.
di quello che eravamo, quando stavamo ancora tutti insieme.

E che abbia il mio stesso odore.
L'odore di quel sangue amaro che ho.
Quell'odore che cerco disperatamente e che non trovo più.

ormai sono unica.
ormai sono sola.
e dopo il sogno sempre più
S b I a D i T a.

1 commento:

marian. ha detto...

leggo tutto quello che ho potuto...fino a questo commento. mi hai accompagnato in un viaggio per soli sensi. mi piace quello che trasmetti. questo post sul padre mi ha molto colpito. alla prox.