giovedì 11 febbraio 2010

ci guadagno.. ci guadagno il colore del grano...

certe volte pensi che la vita è una fregatura.
che la vita ti regala pochi momenti belli e poi tutto il resto è un morire giorno dopo giorno. 
ed un veder morire quel che abbiamo intorno.
è un rendersi conto che tutto finirà, molto probabilmente prima ancora che ci esauriamo noi,
che siamo costretti a vederne la fine e a soffrirne.

certe volte pensi che tutto ciò faccia parte del progetto del mondo per finirci, della stessa nostra progressiva morte.
siamo destinati prima o poi, in un modo o nell'altro, a soffrire per qualcosa che muore
o comunque perché abbiamo la stramaledetta coscienza che più passa il tempo più quel qualcosa si avvicina alla fine;
mentre della sua inarrestabile evoluzione noi siamo solo spettatori.

il termine vero e proprio è il punto [.]
la fine non è che l'inizio del resto della nostra vita, senza.
stradannato pessimismo che ci fa nuotare nel liquame.
tutto intorno c'è schifo. non va niente bene.
e per andare bene dovremmo esaurirci prima di tutto e tutti.
bruciare i tempi. tanto il concetto è che si muore. prima o poi.

ma non si può fare, non si può neanche decidere di ridurre i tempi di attesa..
perché, nel fratTEMPO di ATTESA, abbiamo creato dei legami, allacciato un pezzo di noi a qualcuno.

e i legami si creano in un istante.
c'è un piccolo spazio. nel tempo di due persone.
ecco. e si crea questa frattura.
ma minuscola eh? che magari lì per lì non ce ne accorgiamo nemmeno.
é una sorta di dimensione parallela del tempo della nostra vita,
in cui trasportiamo un pezzo di noi e lo mettiamo al sicuro.
in questo strappo spazio|temporale.
lo mettiamo al sicuro. e quello lì è il pezzo che ci ha legati a qualcuno.
e mentre tutto il resto continua ad andare, c'è quel piccolo spazio nel tempo di tutti i giorni che resta immobile,
in cui il legame cresce velocemente ma che non invecchia altrettanto rapidamente.
in cui il legame si impegna a maturare ma contemporaneamente rimane intatto.

e quindi ritorniamo al discorso di prima. 
e cioè che,
scegliendo di morire per non soffrire dell'inesorabile esaurirsi di tutto e della nostra incapacità di metterci un freno,
scegliendo di farla finita perché - se prima o poi si muore - è uno spreco di tempo vivere (soffrendo, tra l'altro),
questa scelta drastica presuppone che alla fine arrechiamo un dolore a chi si è allacciato a noi.
quindi non ci sentiamo neanche liberi di morire. perché c'è chi ne soffrirebbe.
e il mondo ci appare come coperto da un'intensa e abbondante nevicata di cacca.

ma a noi poi.. che ci frega di chi rimane e soffre...? l'importante è andarsene.

mmmmm...
e invece, nonostante la necessità egoistica di farla finita,
non ci va che tra tanta sofferenza generale, la sofferenza di qualcuno venga incrementata da un nostro gesto..
cazzo. questa è una mancanza di libertà. che merda. non siamo liberi di scegliere.

ma il non avere libertà di scelta presuppone che, dannazione, ci siamo legati anche noi. in fondo.

il legame sottintende una rinuncia alla libertà.
cioè..
noi prendiamo la nostra carta della libertà - che ce la danno in dotazione con l'anima, da piccoli - e strappiamo via un angolino.
rinunciamo a un pezzettino di libertà, legandoci a qualcuno, e glielo regaliamo.
ed è come un investimento. possiamo regalare un po' della nostra libertà a qualcuno.
e aspettare che il capitale investito cresca, e ci renda più liberi, con un guadagno del 2% di affetto e amore.
di questo si tratta.

il legame più limpido richiede una resa dei conti molto molto limitata.
che arriva, in questo caso, alla comprensione da parte del ligante del nostro rifiutarci di vivere perché questo mondo ci fa schifo.
un po' come quando si dice di un nostro caro, molto malato: stava soffrendo tanto.. meglio che se ne sia andato.

certo, io son convinta che la persona a-cui-ci-si e che-si è VERAMENTE legata può capire questo,
può capire la nostra decisione di farla finita
può comprendere che noi non sopportiamo di vivere accorgendoci che tutto intorno è destinato a finire.
in un vero legame, il ligando soffre per se stesso rimasto solo, ma è capace di comprendere la nostra decisione.
e pensando a noi che abbiamo scelto di non esserci più, può anche sorridere, poiché capisce che noi si stava solo che soffrendo.
ma poi... forse - forse - egoisticamente non comprende perché lui riesce ad esser felice che noi non soffriamo più, mentre a noi, nonostante il legame forte, lui non basta come ragione per voler vivere.

e invece noi rinunciamo a lui per non vederlo morire giorno per giorno. 
e invece noi ci rinunciamo per non soffrire se un giorno se ne andrà prima di noi. ed è egoistico. e vile.
e lo sappiamo, ma decidiamo comunque di tapparci gli occhi, definitivamente. così non ci viene la voglia di sbirciare...
ma i legami selezionano. creano una sorta di tabella che ci fa distinguere nel qualunque il qualcuno.
e si è responsabili del qualcuno. come diceva la volpe al piccolo principe.
e se si vede il legame come responsabilità allora non ci si dovrebbe legare.
anche se è nella natura umana la voglia, il bisogno di farlo.
non ci si dovrebbe legare perché legame sottintende due estremità,
due parti che si tengono insieme.
se lo si vede solo come responsabilità, significa che non si è disposti ad amare. no.
non si è disposti.

poiché, come ho detto prima, la presenza del legame non impedisce a noi di scegliere, anche di morire.
ma, e qui sta la differenza, dovrebbe sottintendere la volontà di vivere.
di vivere quel lento e progressivo morire.
di non starsene inermi a guardare, mentre tutto intorno a noi si esaurisce.
di non soccombere a questa silenziosa disperazione, che ti fa venir voglia piuttosto di metter fine tu, alle cose.

allora..
piuttosto che agire e distruggere, perché non creiamo e viviamo...!
perché non cogliamo l'unica occasione che abbiamo per camminare insieme, sulla lunga o corta strada della vita.
sapendo che prima o poi finirà. e tenendo conto appunto di questo per farlo al meglio delle nostre possibilità, trovando un piccolo sollievo nella condivisione con l'altro, nella semplice PRESENZA dell'altro.
perché starsene inermi, significa scegliere comunque di morire.
con una convalescenza più lunga e dolorosa, che presuppone il morire dentro.
mentre invecchiare, giungere alla fine, dovrebbe sottintendere un periodo di evoluzione.
evolvere in.
e l'importante, spesso, non è la cosa, l'obiettivo, la meta.
l'importante è desiderare, lavorare, viaggiare. perché è in essi che c'è esperienza ed entusiasmo. perché percorrere te la fa sentire, la vita. percorrere significa movimento. evoluzione. cambiamento.
tagliare il traguardo dà soddisfazione, se hai corso e sudato.
significa che sei soddisfatto, anche di fermarti.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Ti seguo da un po'....perchè non passi da me c'è un concorsino letterario????
a presto
http://lapaludedicolori.blogspot.com/

Anonimo ha detto...

Volevo caricare un jpg.....mi sa proprio che non si può..il commento lo risparmio per il prossimo giro, meglio non scrivere troppo, sarei nudo se il blog fosse mio, tutti vedono e nessuno sa, ma non essendolo sono un po' vestito e qualcuno mi importuna indi scrivo a tratti, in comode rate come dice qualcuno, molto comode!
عبقرية & عندم