lunedì 8 febbraio 2010

LA FUGA[.]


 
Questo uccellino è uno dei tanti di mio zio.

non so come non essere banale nel dire questa cosa.
Ma ogni volta che vedo questa foto penso che
è un esserino che ha reso palese una verità nascosta.

CHE COSA IDIOTAAA!! =_='

sapete quelle cose, quelle che si esprimono con leggi naturali...
come posso spiegarmi.. insomma.

mentre tutti gli altri rimangono terrorizzati nella gabbia e al passaggio di una qualsiasi cosa all'esterno chiudono gli occhi per non vedere, per non sentirsi in pericolo;
mentre non si rendono conto di essere rinchiusi o semplicemente non hanno la fantasia di coltivare il sogno di libertà, 
e si limitano a portare avanti, così, la propria vita, mangiando, arruffandosi le piume nella scodellina del bagnetto, o pulendosi il becco sull'osso di seppia..
mentre gli altri fanno tutto questo,
lui è l'unico che ogni volta tenta la fuga.
e, per non saper volare, o per intervento di esseri superiori,
sistematicamente ci finisce di nuovo, nella gabbia.

strano come una peculiarità di specie, come il volo, 
possa soccombere se non viene mai sviluppata o esercitata.
questo uccellino viene sempre riacciuffato
e io me lo immagino mentre bestemmia dentro di sé, 
lo vedo ad ogni ricattura che si arrovella il cervellino che ha, in cerca di una soluzione per scappare di nuovo.

il problema non è la fuga.
è sempre riuscito ad evadere, in un modo o nell'altro.
il suo problema è il VOLO.
non sa volare.
o magari un po' sì, ma gli serve del tempo.
e l'intervento dell'essere superiore, o della sfiga in generale,
è troppo repentino.
non gli permette di provare. per svolazzare prima su un poggiolo basso con tre o quattro battiti di ali, poi su una pianta, con un po' di allenamento, e poi libero in cielo.
e forse l'ha capito che non si tratta di fuggire.
non si tratta di uscire e basta.
si tratta di aver pazienza, 
di rimanere in gabbia ed allenarsi.
e farsi i muscoletti. studiare la posizione delle penne.
di fare un lavoro di crescita.
che poi la fuga è una conseguenza. 
e si completa con la libertà di riuscire ad allontanarsi dalla gabbia, 
una volta messa la zampetta fuori.

in fondo, l'intervento dell'essere superiore è in buona fede.
perché l'essere superiore lo sa che lui non sa volare.
e che quel mondo fuori dalla gabbia potrebbe ucciderlo ai primi battiti d'ali.
è una tutela. in fondo.
un macabro modo di proteggerlo.

devo leggergli IL GABBIANO J.L., a questo uccellino.
almeno potrebbe imparare come si fa a sentire una a una tutte le piume delle proprie ali, per averne il controllo totale. 
potrebbe imparare che bisogna saper aspettare la corrente ascensionale giusta 
per sfruttarla e dirigersi dove si vuole. 
lontano dai limiti.

forse forse.. me lo rileggo anche io.


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