domenica 14 febbraio 2010

[nnu]TRONP#1: [not necessarily understandable] Thoughts Rearranged On Nonexistent Paper

riuscite ad immaginarla? 
un'anima così. leggera come carta di riso, imbiancata da un primordiale stupore che non riesce però a renderla del tutto volatile e illusa. un'anima che della sua completa capacità di vedere le cose è sempre vittima.

riuscite ad immaginarla?
rimasta ancora bambina. in piedi, su delle scarpe rosse. capelli neri abbondanti e una schiena piccina e bianca. troppo piccina per sostenere la consapevole realtà di tutta quella vita. troppo bianca e immacolata da potercela scarabocchiare sopra, la vita.

eppure lei se la scriveva addosso. un pezzo alla volta. con pennini che graffiavano la pelle. 
col sangue se la scriveva, la vita. con le unghie, per aggrapparsi a qualcosa. vittima di quella sensibilità esplosa chissà quando. e chissà come, inconsapevole e tiranna.
con le unghie a strapparsi la pelle.
che la pelle altro non era che l'anima. per lei.
e l'anima ce l'aveva sulla pelle. e a toccarla rabbrividiva, l'anima sua. così nuda.
perché troppa era l'emozione di quel contatto che non vedeva intermediari tra il fisico e il metafisico. 

tutto in uno. un'unica ferita. 
e il sangue come inchiostro di una vita scarabocchiata addosso.

e come l'affronti una sensibilità così.
come fai a dirle che.
allora la sfiori. col fiato caldo che hai. che basta a un brivido. un male sì, ma forse il minore, per quella pelle nuda, anima di carta di riso. 
per
non spaventare.
per 
non creare
una frattura.
per
non concretizzare 
la paura,
per
non farla
scomparire.
perché il rischio è questo. di questo si parla.
una fragilità così trasparente, così sottile, da non avere il tempo di tramutarsi in trauma.
ma in grado di far scomparire.


quante persone avete visto scomparire?
nella nebbia buia dell'indifferenza, 
nel catrame nero e denso del dolore che avvolge e soffoca, 
lungo il sentiero ripido e scivoloso della disperazione, che spezza il pianto in singhiozzi incontenibili.
io ho visto lei. l'ho guardata scomparire pian piano. con tutta la sua ingombrante vita addosso.
che sulla pelle sua tutta, ormai, non ci stava più, la vita. 
su una pelle così piccola ogni spazio era già stato graffiato. 
la sua anima lacerata a brandelli tentava di tenersi insieme, ed ogni volta che il cuore batteva un po' più forte si tendeva allo stremo, e urlava. la sua anima, la sua pelle urlava, i margini delle sue ferite urlavano. 
gemevano e gemevano, attendendo la ripresa di un battito regolare. 
che non avrebbe fatto altro che abbandonare i brandelli smagliati e sottili - sempre più sottili - di quella pelle carta di riso a penzolare per un po'.
di quell'anima carta di riso a penzolare per un po'.

io ho visto lei. l'ho guardata mentre mi guardava. io come vuoto per i suoi occhi. e lei che accarezzava la gatta. e poi si accarezzava i capelli. e guardava me - oltre me. guardava quel vuoto che ti lascia il dolore ennesimo. 
che ti taglia, ti entra prepotentemente dentro, con una violenza, con un abuso; 
che ingombrante, obeso com'è, ti spacca. e poi ti lascia il vuoto.

e come la salvi un' anima così.
come fai a tenderle la mano. con cosa la prendi, come l'allacci a te. 
come fai a tenerla con te, tu che il male prometti di non farglielo. come puoi esserne sicuro. cosa ti fa presupporre tanta certezza.
le cose sono sempre complicate. gli animi sono complessi, sempre. quasi sempre.
e come fai.
tutto può farle male. 
una sensibilità bianca e sottile come quella. leggera così, che non fai in tempo a pensarci e già non te ne accorgi più, che c'è, perché intanto lei e la sua anima sono già scomparse.
come fai a essere convinto che non le farai male. qual è la soglia da non oltrepassare.
non c'è più tolleranza.


e allora la lasci lì, quell'anima. te ne vai. perché l'abbandono richiede meno tempo di convalescenza.
all'abbandono serve l'oblio, serve dimenticare.
e se hai sfiorato per poco tempo una pelle così, è più facile che lei ti dimentichi piuttosto che sperare di non ucciderla, tu.

ed è per questo motivo che te ne vai. è in questo modo che ti lasci andare. 
ti abbandoni e te ne vai.
per non guardare quello che sei, per quella parte, anche tu.
per non imparare a soffrire di più.
te ne vai. e abbandoni la consapevolezza. perché certe volte l'ignoranza salva.
continui con la tua vita. 
disimparando a scrivertela sulla pelle, per non diventare fantasma. 
almeno non tutti i giorni.

1 commento:

Lorenzo ha detto...

L'anima sulla pelle è un bellissimo modo di definire quella sensibilità estrema che ci fa del male.
Oggi ho comprato un pennarello per scrivere sui muri quello che voglio e, dopo aver pensato tutto il giorno a cosa e dove scriverlo, ho deciso di non scrivere nulla. E mi sono sentito meglio.