mercoledì 5 novembre 2008

DX, SX, AVANTI

Quando eravamo ragazzini, io-mio cugino-mia cugina, con i nostri nonni avevamo una abitudine: andare in giro la domenica.

Arrivavano i miei zii, lasciavano i figli e dopo il pranzo si saliva tutti e cinque in macchina: ricordo una renault davvero brutta, color senape.

I nonni sedevano davanti, noi - naturalmente - dietro.

Io prendevo il posto a sinistra, dietro a mio nonno che guidava; mia cugina (la più piccola dei tre) in mezzo; mio cugino, il più grande di tutti, a destra - dietro a nonna.

Noi non eravamo mai particolarmente entusiasti di queste "gite", perché non si sapeva mai dove saremmo andati a finire e perché l'idea di passare due ore in macchina non ci allettava poi così tanto.

Insomma, quando la domenica i nonni ci portavano in giro, si adottava questa regola: arrivati ad un bivio, a turno avremmo scelto la strada.

Avanti, destra, sinistra: ci alternavamo a dare indicazioni a mio nonno che guidava.

Una volta arrivati in un posto che ci piaceva, fermavamo la macchina e andavamo a fare una passeggiata o a prendere un gelato.

Ora, io non ricordo un granché, però chissà perché si arrivava in posti dove mio nonno aveva perfettamente idea di dove fossimo, oppure era in qualche modo “socializzato” al luogo.

Secondo me barava quando era il suo turno di scegliere quale strada percorrere.

Ho sempre avuto questo dubbio, però c'è da dire che – quando io o i miei cugini eravamo indecisi se andare avanti, o a destra, o a sinistra – lui ci aiutava a prendere una scelta e ci risolveva il problema.

Così come, finita la gita, senza che noi sapessimo come, ci riaccompagnava a casa in silenzio, senza scossoni e senza bisogno del nostro aiuto, tanto che mia cugina – sempre la più piccola dei tre – si rilassava e appoggiava la testa sulla mia spalla sinistra e si addormentava, colando saliva dall'angolo della bocca.

Io però non la svegliava, ché ho avuto sempre un forte senso di protezione nei suoi confronti.

Oggi, a venticinque anni, non ho più nessuno che risolva i miei problemi, che prenda decisioni per conto mio, che mi tolga le castagne dal fuoco.

Comincio a sentire il peso della maturità: non mi dispiace affatto, ma devo ammettere che quando devo affrontare le cose che mi riguardano non riesco ad avere la stessa lucidità, forse perché razionalizzo troppo sentimenti ed emozioni, che mal si prestano ad un approccio analitico...

Per questo ogni tanto mi piacerebbe non avere responsabilità e non pensare “al dopo” di una mia decisione. Vorrei poter sospendere il giudizio e la lungimiranza, lasciarmi cullare dalla macchina che torna a casa dopo una domenica passata a dire “avanti”, “destra” o “sinistra” a mio nonno, e guardare mia cugina che dorme a bocca aperta, con la saliva che inumidisce la mia maglietta di ragazzina incosciente e felice.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

aaaah come ti capisco, è vero, sarebbe bello. purtroppo la maturità stessa che abbiamo non ce lo permette di tirare quel sospiro e lasciare scorrere le cose...

Anonimo ha detto...

ehiiiii ma lo sai che mica l'avevo visto questo blog! avevo visto solo l'altro, ma guarda te... cmq ascoltiamo la stessa bellissima musica :P

digito ergo sum ha detto...

sarebbe bello non curarsi di quello che le nostre decisioni comportano. in genere, però, le nostre decisioni comportano cose anche per altri. e allora abbiamo il dovere morale di dovere avere una morale.

un abbraccio

Haemo Royd ha detto...

Che bel post, ora è il tuo turno di costruire ricordi agli altri, di impugnare saldamente il timone, di decidere la rotta e poi di pilotare sicura e attenta alle tempeste ed agli scogli, per ogni difficoltà che supererai, se non dimenticherai di imparare, diverrai un po' piu' brava, buona navigazione amica mia!